Sbarchi, immigrazione. Sono questioni che ancora oggi fanno parlare, spaventano, che mettono il punto interrogativo sulla parola integrazione. Ma dietro ad ogni sbarco, ad ogni viaggio della speranza, c’è una storia che vale la pena essere ascoltata. Così noi del Corriere abbiamo intervistato tre ragazzi che sono stati inseriti qui, a Carmagnola, anche grazie al supporto dell’Associazione Culturale Karmadonne, e che già da diversi anni partecipano attivamente al suo vivere. Sono tre ragazzi che ce l’hanno fatta, che sono stati fortunati e che ringraziamo per aver fornito la loro preziosa testimonianza.
Il primo ragazzo a dialogare con noi è Abass, 27 anni, del Senegal. Abass è in Italia da tre anni e tre mesi. La sua famiglia, invece, è rimasta nel luogo d’origine, ma comunica quotidianamente con lui tramite messaggi e chiamate. Come ti sei trovato a Carmagnola? “Benissimo, Carmagnola è una città tranquilla, non caotica come Torino. Ho ritrovato persone bravissime che mi hanno accolto e hanno fatto il possibile per me. All’inizio è stata dura. L’italiano è difficilissimo e, ancora oggi, anche se ho frequentato i corsi di lingua a scuola e da Karmadonne, faccio fatica a esprimermi. Nonostante questo, sono felice e ho conosciuto molti ragazzi”. Di cosa ti occupi adesso? “Mi occupo di montaggi in una ditta di Carmagnola. Mi piace molto, anche se è un lavoro duro. Tuttavia, è l’unico modo per garantirmi un futuro”. Quali attività svolgi nel tempo libero? “Gioco a calcio. Per due anni ho giocato nel Salsasio, poi a Casalgrasso. Oggi, lavorando, ho pochissimo tempo libero. Arrivo tardi la sera e non posso permettermi di giocare e allenarmi con costanza. Quando posso però vado a giocare con i miei amici. Generalmente ogni martedì sera”. Oltre al calcio, quali sono le tue passioni? “Ascolto la musica, soprattutto le canzoni di Fabri Fibra. Mi aiutano molto con l’italiano”. Prospettive future? “Ho preso casa con un mio amico. Ora mi sento più indipendente. Ringrazio gli amici di Karmadonne, mi hanno salvato la vita”.
Salutiamo quindi Abass e riceviamo il secondo ragazzo, Momodou, 28 anni, gambiano, in Italia da 3 anni e 2 mesi. Anche la famiglia di Momodou è in Gambia. Una lontananza difficile da sopportare. Momodou, vuoi parlarci un po’ di te? “La mia è una storia difficile. Sono il primogenito di cinque figli. Questo è sempre stato un ‘problema’. Mio padre, quando era ancora in vita, essendo un Imam, mi portava sempre con sé. In più studiavo legge, gestivo l’attività di famiglia in Gambia e d’estate andavo in vacanza ad Angola, dove avevamo un secondo negozio alimentare”. Che cosa ti ha spinto a muoverti verso l’Italia? “Lì ad Angola non mi sentivo più sicuro e così, dopo la morte di mio padre, ho deciso di fare il grande passo e affrontare il viaggio, che sapevo sarebbe stato difficile. E così è stato”. Ma poi ce l’hai fatta. Giusto? “Sì ce l’ho fatta e quando sono entrato in Europa, ho finalmente pensato: ‘Sono salvo, sono libero, ho anche io diritti umani’”. Da quanto tempo sei qui a Carmagnola? “Dal 2016. Sembra tanto tempo, ma non è mai abbastanza. I primi mesi, è stato difficile integrarsi, soprattutto a causa della lingua. Ma poi sono andato a scuola, ho preso la licenza media e, a poco a poco, sono migliorato. Oggi non ho più tempo per studiare, perché lavoro tutto il giorno. Non mi dispiacerebbe però un domani riprendere”. Qual è la tua attuale occupazione? “Sono inserito in un’azienda di serramenti a Carmagnola con un contratto di apprendistato. Prima lavoravo per un’azienda di saldature e montaggi e, prima ancora, per un’azienda agricola, dove mi occupavo di pulizia per conto del Comune di Carmagnola”. Pratichi qualche sport? “Gioco a calcio, quando posso”. Attività preferite? “Guardo film in italiano, per aiutarmi con la lingua”. Il tuo augurio per il futuro? “Continuare a vivere qui, a Carmagnola, una città tranquilla, una città di persone disponibili e che ringrazio tanto per tutto quello che hanno fatto per me”.
L’ultimo ospite che incontriamo è una ragazza, Lucia, 23 anni, dalla Nigeria. Lucia è in Italia da tre anni. Come hai affrontato lo sbarco? “È stato difficile. Ho visto delle scene che non dimenticherò mai. Era febbraio e c’era la neve. Faceva freddo. Quattro persone non sono riuscite a salvarsi”. Cosa ti ha spinto a trasferirti? “Le condizioni di vita nel mio paese non erano affatto delle migliori. La mia famiglia non era d’accordo con la mia scelta all’inizio, ma poi l’hanno accettata. E oggi sono qui. So di aver fatto la scelta giusta per il mio futuro”. Difficoltà? “Tante. L’italiano soprattutto, il farsi capire. Questo però non mi ha impedito di prendere la terza media e poi di frequentare una scuola professionale per diventare barista, colf a acquisire il titolo Oss, a giugno di quest’anno”. E il lavoro? “Non posso lamentarmi. Lavoro in un ristorante. Sono una cuoca”. Hobby particolari? “Ascolto la musica e…cucino”. Se dovessi fare un ringraziamento, a chi lo rivolgeresti? “Sicuramente agli amici di Karmadonne e poi a tutti coloro che mi hanno aiutata e sostenuta in questi anni, senza mai farmi sentire diversa”.