C’era una volta un giovane criminale. Suona come una favola a lieto fine la storia di Salvatore Sasà Striano. Un uomo che ha saputo trasformare il suo dolore nella sua più grande forza, a salvarsi da un passato di delinquenza, diventando un uomo nuovo.
“Sono stato in carcere ancor prima di nascere, quando ero nella pancia di mia madre” – spiega Striano nel suo monologo, andato in scena al Cinema Teatro Elios il 6 e 7 novembre, in occasione di “A teatro con Letti di Notte”, rassegna organizzata dal Gruppo di Lettura Carmagnola.
Un’esistenza segnata, un destino ingiusto per un bambino napoletano che voleva semplicemente divertirsi e che invece per sopravvivere al mondo è stato spinto a delinquere. “Avevo dieci anni quando ho cominciato la mia vita da criminale. Ero elettrizzato e, al tempo stesso, spaventato. Delinquere mi faceva sentire forte, andare contro la legge mi faceva sentire forte. Non capivo che stavo sbagliando i modi, gli strumenti. Pensavo che fosse quella la via giusta per rimanere vivo, per difendermi dai pericoli, ma mi sbagliavo”.
Inizia così, dopo una lunga giovinezza di soprusi e violenze, la redenzione di Striano, da Sasà a Salvatore. “Lascio agli altri la libertà di accettare o meno il mio percorso, le mie parole. Ma chi è davvero dalla parte del torto? Quanti reati morali restano impuniti e sono ben più gravi di un furto? Quanti giovani vanno in carcere e non vengono rieducati, subendo violenze? Io lotto per un carcere che sia più scuola e meno carcere, che educhi e insegni che cambiare è possibile, che non è vero che chi nasce criminale resta criminale. C’è sempre un’alternativa”.
E Striano il carcere l’ha conosciuto bene. “Ogni cella era per me una sorta di girone dantesco. C’erano i deboli e poi c’erano i forti, i potenti. In un posto simile ci entravi vivo e non sapevi se e quando ne saresti uscito, forse rotto, forse addirittura morto”.
Un inferno da cui Striano, però, è riuscito a liberarsi. “Il carcere deve essere l’eccezione e mai la vita di un uomo. Io ne sono uscito, ho imparato dai miei errori e nell’educazione e nella recitazione ho ritrovato la mia strada, prendendo come riferimento tre grandi uomini: san Tommaso, Gesù e Shakespeare. Oggi sono un uomo libero e vado nelle scuole e nei teatri a raccontare la mia esperienza, senza filtri. Al vecchio Sasà rimprovero solo di non essere stato abbastanza vicino ai suoi genitori nel momento del bisogno. Ricordatevi che il tempo non torna indietro, per cui amate una volta in più, sdrammatizzate una volta in più e buttate le pistole. Sono gli strumenti dell’odio”.
Un sentimento, l’odio, ormai sostituito dall’amore, per la compagna, per tutti i ragazzi che possono e vogliono essere salvati, per la vita. Striano saluta così riconoscente Carmagnola con in mano il suo attestato di merito consegnato direttamente dal sindaco Ivana Gaveglio e guarda positivo al futuro, mentre sul palco cala il sipario e sui volti della gente si profila una nuova consapevolezza: il giovane criminale è ora semplicemente giovane, perché ha avuto il coraggio di guardarsi dentro e darsi una possibilità di rinascita. Ora Sasà è davvero Salvatore.
