È tornato il Carnevale, il periodo più divertente dell’anno, da trascorrere tra ritmi calzanti, dolci e scherzi. Dal nord al sud Italia, lunghissimo è l’elenco delle cerimonie d’investitura, dei Galà, delle sfilate, ormai considerate una vera e propria tradizione.
Chiunque, infatti, può dire di aver partecipato almeno una volta a un simile appuntamento, di aver danzato e cantato, al passaggio del proprio carro preferito, in attesa di ricevere una caramella, un dolcetto qualsiasi. E poi, come dimenticare le stelle filanti, i coriandoli di carta impigliati ai capelli, nascosti fin sotto ai vestiti, nelle scarpe; i travestimenti, sempre diversi, pensati e cuciti per l’occasione. Nulla, nel periodo carnevalesco, è lasciato al caso. Anche le strade sembrano animarsi e i visi da tristi si fanno sollevati, alleggeriti dal peso delle regole, dalle discriminazioni.
Siamo, forse per la prima volta, “uno, nessuno, centomila”, indistinti, tutti uguali, dietro alla maschera, capaci di osare, di conoscerci davvero, oggi, come allora. Ma quanto è rimasto del buon vecchio Carnevale, di quelle fotografie raccolte negli album di famiglia che ci ritraevano bambini, di quella magia che ci faceva tornare a casa col sorriso, contenti del nostro bottino di dolci, di scrollarci di dosso i coriandoli e andare a dormire sognanti e speranzosi? Sicuramente, l’atmosfera di festa; i carri, provenienti da ogni dove; i figuranti, le maschere, le nuove, le vecchie, che ci catapultano indietro nel tempo, in mondi paralleli, che magari avevamo visto e conosciuto solo nei cartoni animati, nei film, nei fumetti.
Lo stesso non si può dire del contatto con la tradizione. Quando nasce il Carnevale? Quali sono le sue origini? Non sono domande scontate. Il Carnevale (dal latino carnem levare, privarsi della carne) è una festa, ma prima ancora è un incontro con la storia, l’occasione per riscoprire una ricorrenza legata al mondo cattolico e cristiano, a epoche remote.
È un evento secolare, che anticipa la Pasqua di quaranta giorni, chiudendosi con il cosiddetto “martedì grasso”, il momento del “banchetto”, in cui si era soliti deliziarsi di leccornie di vario genere. Una data da ricordare e appuntare sul calendario quindi, che cambia di anno in anno, che bussa alla porta del periodo di Quaresima, caratterizzato invece da una maggiore sobrietà.
E la maschera? Qual è il suo significato? Era e continua a essere un simbolo, un modo per liberarsi dalla propria identità, dal proprio ruolo sociale e lasciarsi andare, senza distinzioni. Ma la maschera, il travestimento non deve diventare un vizio da indossare a proprio piacimento. E forse oggi il Carnevale è diverso anche per questo motivo: se da un lato c’è chi osa, chi si mette in mostra, chi sfila, mantenendo la propria personalità, differenziandosi, dall’altro c’è chi la maschera non l’abbandona mai veramente, o la cambia troppo spesso, dimenticandosi di essere in realtà un’unica persona, non nessuno, non centomila.