Sembra ormai certo: Il lockdown (il confinamento) per l’emergenza coronavirus in Italia continuerà almeno fino al 3 maggio.
Una decisione difficile, forse necessaria, ma che sicuramente non eravamo preparati ad affrontare e che mette a dura prova tutti, sconvolgendo il nostro mondo, almeno per come eravamo abituati a vederlo.
Dalla fine della 2° guerra mondiale ad oggi è stato uno dei periodi nella storia di noi italiani più “pacifico”, dove non ci sono stati avvenimenti sociali catastrofici che hanno cambiato in profondità lo stile di vita dei cittadini. Ci sono stati disastri ambientali (alluvioni, terremoti, incendi) e attacchi sociali (atti terroristici, crisi finanziarie) ma nulla che abbia stravolto “la Storia” del nostro popolo. L’ultimo avvenimento di questo genere è stata proprio la 2° guerra mondiale, al cui termine si è dovuto ricostruire tutto.
Ma se per noi questo è stato “un periodo felice” in cui prosperare, in molte parti del mondo non è andata così. Infatti basta pensare che oggi la malaria uccide ogni anno nel mondo oltre un milione di persone, la tubercolosi arriva ad 1,3 milioni e il colera arriva fino a 5 milioni di morti l’anno.
Oggi tocca anche a noi fare i conti con questa nuova pestilenza che è portata dal virus Covid-19. Secondo molti studiosi questa pandemia è stata negli anni ampiamente annunciata: viviamo nel tempo della società della conoscenza. Si studiano e si elaborano scenari, si costruiscono modelli matematici per dare evidenza di come potrebbe essere affrontata una emergenza come quella che stiamo vivendo, ma poi tutto questo rimane nei cassetti dei ministeri dei vari governi, come se il lavoro di ricerca fosse mera produzione letteraria.
Diciamolo: il virus in sé è innocente. Questa sua origine e diffusione planetaria è frutto di politiche economiche che hanno puntato alla massimizzazione dei profitti e non alla produzione di beni comuni. Occorre cambiare rotta e lavorare per un nuovo patto globale che abbia al centro la salute pubblica, che dimentichi il business e che sviluppi un sistema sanitario con al centro l’interesse individuale e collettivo. Il nostro sistema sanitario, tanto bistrattato dai governi di ogni colore politico che vedevano nella sua privatizzazione l’unico sbocco possibile, ha dimostrato di essere lo strumento di welfare più rivoluzionario ed efficace che si sia affermato nel mondo. Occorre quindi non solo mantenerlo, ma potenziarlo.
Se una cosa di buono lo sta facendo il Coronavirus è farci capire che occorre quindi ripensare il mondo in una nuova prospettiva dove i soldi vengano destinati “per gli uomini” e non per il profitto.
Lo ha detto più volte Papa Francesco, secondo cui “Siamo avidi di guadagno, ci siamo lasciati assorbire dalle cose e frastornare dalla fretta. Non ci siamo ridestati di fronte alle guerre e alle ingiustizie planetarie, non abbiamo ascoltato il grido dei poveri del nostro pianeta gravemente malato. Abbiamo proseguito imperterriti, pensando di rimanere sempre sani in un mondo malato. E’ il tempo di scegliere che cosa conta e che cosa passa, di separare ciò che è necessario da ciò che non lo è”.
Che è ora di “cambiare vita” lo abbiamo detto noi Carmagnolesi lo scorso 25 marzo. Lo abbiamo promesso per bocca del nostro Sindaco, quando inginocchiata di fronte alla Vergine Immacolata, Patrona della nostra città, ha pronunciato un solenne “voto” a nome e per conto della città. Fare un voto non è una pratica magica o un gesto scaramantico. Non rientra neanche, come ha detto don Dante durante la solenne funzione, nella logica del “do ut des” (ti do qualcosa perché tu mi dia qualcos’altro in cambio) o del “facio ut facias” (faccio qualcosa per te perché tu faccia qualcosa per me): questi, infatti, sono ragionamenti umani, che poco hanno a che vedere con questa devozione.
Fare un voto è “Un atto di devozione con cui il cristiano offre se stesso a Dio (catechismo della Chiesa cattolica n.2102)”. Quindi non è un obbligo, ma è un atto solenne in cui, come in questo caso, una città per nome del suo massimo rappresentante (il sindaco) si impegna a trasformare la propria vita sociale secondo gli insegnamenti del Vangelo.
Lo abbiamo fatto altre sei volte nella storia della nostra città, e oggi con il Coronavirus che flagella le nostre strade il sindaco ha dato voce a queste solenni parole: “A te, nostra madre, patrona e regina, rivolgiamo inoltre dal profondo del nostro cuore la preghiera per superare ogni allarmismo e ottenere il coraggio e la pazienza che occorre esercitare in queste circostanze per affrontare insieme il problema sopraggiunto inaspettato e che, siamo certi, può produrre comunque un frutto di bene come la solidarietà verso chi soffre, l’accoglienza con chi è solo e senza sostegno dei propri cari, la volontà di camminare uniti adoperandosi ciascuno per la propria parte a favorire la speranza nel cuore e la comune volontà di trovare in ogni altro concittadino un sostegno di fraternità e di apertura soprattutto verso le persone più anziane, sole o già debilitate per altre malattie, i minori e le loro famiglie…”.
Il testo scritto per il voto è molto bello e profondo, invito tutti a leggerlo nella sua totalità.
Una bella promessa che non eravamo tenuti a sottoscrivere, ma averlo fatto ci impegna tutti e in primis i nostri rappresentanti alla guida del governo della città.
Foto di copertina di Alberto Filiberto