“Vecio o bocia l’alpin l’è sempre una rocia”. E chi meglio poteva prendere alla lettera questa frase se non il reduce di guerra Giovanni Alutto che oggi – 17 novembre – compie la bellezza di 104 anni.
Nato nel 1916 a Barbaresco (Cn), da una famiglia di agricoltori, Alutto è un uomo sensibile e di buon cuore, oltre che un instancabile lavoratore. All’età di 21 anni, viene chiamato al distretto di Mondovì e di lì inviato al 2° reggimento della divisione Cuneense, al battaglione “Borgo San Dalmazzo”, dove assume la carica di Sergente Maggiore e inizia ufficialmente il suo percorso al fianco degli Alpini.
Un percorso andato avanti anche dopo la fine della guerra, al ritorno dalla campagna di Russia, quando Alutto si sposa e diventa padre di due figli, Maria Olimpia e Gianfranco; un percorso che prosegue tuttora, tra un ricordo condiviso e l’altro.
Di Alutto tutti hanno una grande stima: d’altronde chi non l’avrebbe per un uomo che ha conosciuto la sofferenza in prima persona, la paura per la morte e l’importanza della vita. E tra quei tutti sono compresi pure i suoi amici più prossimi, gli Alpini, che solo lo scorso ottobre hanno festeggiato i 148 anni dalla loro istituzione.
Purtroppo, al momento, non abbiamo la possibilità di festeggiarlo a dovere. Ma vogliamo comunque fargli sapere che lo ricordiamo, che gli vogliamo bene, che lo stimiamo come carmagnolese acquisito e prima ancora come uomo.
Alutto, in definitiva, si può considerare un vero e proprio esempio di vita per quanti l’abbiano incontrato almeno una volta o ascoltato la sua storia. Una testimonianza dura, coraggiosa, nonostante la tragicità degli eventi affrontati. Prima la guerra, ora il Coronavirus: l’alpino Alutto – come lui stesso ama definirsi – non ha mai perso il suo sorriso.

Di seguito riportiamo un estratto della lettera inviata alla nostra redazione, in occasione del suo 104esimo compleanno.
“Certo che di vicissitudini nella sua lunga vita Giovanni ne ha passate tante. E ora, nemmeno l’epidemia da coronavirus lo spaventa. Egli ormai è uno dei pochi italiani reduci dalla triste avventura della campagna di Russia, di cui, tra l’altro, ha ancora una memoria storica incredibile. Infatti, nonostante siano trascorsi 77 anni dal massacro di migliaia di giovani alpini – che lui definisce fratelli – è in grado di passare ore a raccontare tutte le vicende che l’hanno coinvolto, con dovizie di particolari, con lucidità incantevole e con una profonda intima sofferenza per le migliaia di giovani mandati a morire in terra straniera e senza un perché. Giovanni, sino a che le forze gliel’hanno concesso, non è mai mancato alle manifestazioni e ai raduni degli Alpini in varie regioni dell’Italia. Nel 2013 e 2018, a 101 anni, è voluto tornare a rendere omaggio ai 39 Alpini che il 30 gennaio 1937 sono stati travolti da una valanga ai piedi della Rocca La Meja nel Vallone del Preit in Val Maira. La sua sarebbe una testimonianza molto utile per i ragazzi di oggi che potrebbero ascoltare dalla sua viva voce, per conoscenza diretta, quelle tristi vicende che l’hanno visto partecipe. Giovanni ha una loquela semplice e arguta e spesso, commentando i suoi anni, mette in dubbio che il Padre eterno si sia dimenticato di lui”.
Ma noi sappiamo che non è così. Giovanni, che altro possiamo dire, tanti auguri!
