L’ho fatto anche io il Covid. Sono risultato anch’io positivo ma, fortunatamente per me, il tutto si è manifestato con mezza giornata di febbre e un po’ di male alle ossa per qualche giorno. Forse il sintomo che più mi ha dato fastidio è stato la perdita del gusto e dell’olfatto.
Ormai in ogni famiglia qualcuno è rimasto colpito da questo virus invisibile e letale. A me è andata bene, ma certamente i tanti che sono in terapia intensiva o sub intensiva non se la passano per niente bene. In questo mio editoriale non mi soffermo sui negazionisti che affermano che in ospedale non c’è nessuno colpito dal Coronavirus o su chi dice che è un complotto internazionale. Non so e non voglio entrare in questa diatriba. La storia ci dirà un giorno. Ma la realtà è che anche il mio tampone era positivo e quando è arrivato il responso non ci potevo credere. Non potevo credere che fosse toccato anche a me, in fondo ero in buona salute (avere 37,8° di temperatura corporea non mi ha mai bloccato: una tachipirina e via), nessuna particolare patologia, gioco ancora a calcetto (qualche volta) e ho iniziato con il padel, e nonostante tutto, questo “esserino” mi obbligava per forza a isolarmi dal mondo. Certo, praticamente essere isolati non è più possibile perché con internet e i social non sei proprio fuori dal mondo ma la sensazione di essere comunque tra quelli che rientrano nei “contagiati” e che entrano nelle percentuale dei malati mi ha messo molto a disagio.
Pensare che dentro il tuo corpo (con tutte le bellezze e le bruttezze che ognuno di noi ha) questo “sgradito ospite” possa decidere le sorti del tuo futuro non è una cosa piacevole, anche perché le condizioni potevano peggiorare. Comunque al tampone di controllo sono risultato negativo e quindi eccomi qui a consegnare, a voi lettori straordinari, questo nuovo numero del Corriere di Carmagnola, il numero in cui celebriamo i nostri primi 20 anni di attività. Ma devo essere sincero: un po’ di “strizza” l’ho avuta. Questo brutto virus planetario al soldo della ramificata internazionalmente e ben nota famiglia Coronavirus, attenzionata da tutti gli organi di governo del mondo per la sua pericolosità sociale, è comunque “brutta gente”, da cui è meglio star lontani.
Anche perché sembra che con la presenza di questo killer, non vi siano più altre malattie per cui essere preoccupati, come se improvvisamente il virus cinese avesse debellato dal pianeta il resto delle patologie o morire di “altro” fosse un po’ meno grave. Basta vedere che fine ha fatto l’ospedale San Lorenzo di Carmagnola, che da eccellenza è diventato Covid Hospital e per ogni altra patologia occorre percorrere decine di chilometri. Condivido con Voi alcune riflessioni del giornalista e scrittore torinese Armeno Nardini che ho l’onore di conoscere che mi sembrano molto profonde a proposito del Covid:
“Questo sicario è capace di una sola cosa: aggredire senza pietà, con l’intento di uccidere: sa fare solo questo e lo fa con subdolo compiacimento perché non sa fare altro. Colpisce chiunque. Colpisce dovunque. Se c’è un assembramento spara ad alzo zero, senza neanche prendere la mira: sventaglia a caso la sua arma invisibile e silenziosa e se qualcuno si salva, si salva per caso. Non abbiamo uno scudo per difenderci. Non servono le mura spesse delle fortezze medievali. Vanno un poco meglio solo le sottili cappe anti-contagio dei laboratori scientifici e le mascherine, che fanno di noi dei banditi e che lui, bandito per professione, non indossa perché ha modi diversi e più sofisticati per non farsi riconoscere. Circola in mezzo a noi camuffato e invisibile e non ne avvertiamo minimamente la presenza. Ci usa come mezzo di trasporto senza pagare il biglietto: non lo sentiamo gravare sulle nostre spalle e non possiamo quindi scrollarcelo di dosso, ma c’è, su di noi, e ne sentiamo il peso quando il nostro passo si fa greve, il respiro si fa corto e il fiato comincia a mancarci. Si insinua nella nostra vita sociale e famigliare e nelle aule scolastiche dei nostri figli. Presenzia il nostro lavoro in ufficio, i nostri incontri d’affari, i nostri stacchi al bar per una pausa o al ristorante per un convivio amicale, i nostri mezzi pubblici di trasporto. Vìola, spregevole guardone, l’intimità delle nostre relazioni, dei nostri amori. Si impadronisce del nostro fiato e galleggia anonimo, etereo ed impalpabile, nell’aria che respiriamo con chi ci sta vicino. Ci ringrazia per la nostra mobilità, che gli procura vittime senza lo sforzo di andarsele a cercare. Ha una straordinaria vitalità. E’ sfuggito ad ogni nostro attacco per neutralizzarlo. Non abbiamo un’arma per lui letale, pur se sono in tanti a cercarla nel mondo, attratti anche da ritorni economici che si profilano enormi. Sulle sue tracce, alla ricerca del suo tallone d’Achille, si muovono gli uomini migliori di tutti i Servizi, che indagano notte e giorno nel mondo da cui pare provenga, per coglierne un punto vulnerabile. Essi segnalano da qualche tempo, e sono sempre più convinti della attendibilità di quanto scoperto, che potrebbe morire d’inedia se dovessero mancargli le vittime bersaglio”.
Ma sono sicuro che ce la faremo a sconfiggere questo “brutto cliente” che tanta sofferenza e privazione ha portato a molte persone in questi mesi. L’importante è non dimenticare le disposizioni di sicurezza (mascherine, distanziamento sociale, quarantena per chi ne è colpito e tutte le altre indicazioni sanitarie) e non abbandonarsi alla psicosi collettiva. E’ proprio ciò che questo killer silenzioso vorrebbe che facessimo. Alla fine vinceremo noi. Sono sicuro.