“Per chi sa aspettare c’è sempre un meraviglioso arrivo. Le cose belle hanno il passo lento”. Potrebbe iniziare con questa citazione la storia di Mattia Gianotti, classe 1992, residente a Carmagnola, atleta del team SF Groppo, socio del Cai e grande appassionato di bici e montagna. Un’accoppiata vincente che lo ha portato a sfidare se stesso e a partecipare, non senza prima aver affrontato settimane di duro allenamento, la 27° edizione dell’IronBike.
La competizione di mountain bike – che si ispira, come concetto, alla Parigi-Dakar ed è conosciuta a livello internazionale – si è svolta dal 24 al 31 luglio su un percorso tutto piemontese, ma irto di difficoltà e insidie, con un prologo e sette tappe tostissime, da Entracque a Sauze d’Oulx. Nonostante ciò, Mattia ha sempre creduto nella sua “missione”, macinando km su km e arrivando al traguardo primo assoluto tra gli italiani e 17° in classifica generale, davanti a una cinquantina di altri atleti “superstiti” e un centinaio di partecipanti totali.
Un traguardo che il biker sognava sin da ragazzo, quando a 14-15 anni venne a conoscenza della gara grazie a un servizio trasmesso dal TG regionale. A quell’età Mattia non avrebbe mai pensato di potervi partecipare, invece, a volte, la vita sa essere imprevedibile e regalare delle incredibili opportunità…

Mattia, parlaci della tua passione per la mountain bike. A che età hai cominciato ad andare in bici?
Un po’ come tutti, ho imparato ad andare in bici da bambino. Crescendo però mi sono dedicato a un’altra passione, quella per la moto. Ho sostenuto varie gare e poi, un giorno, ho capito che desideravo cercare nuovi stimoli. Così a giugno del 2016 ho acquistato una bicicletta, sono partito per fare un giro e non mi sono più fermato. Rispetto alla moto, la bici è un mezzo decisamente più faticoso. Oltre che la base tecnica, bisogna rafforzare molto mente, cuore e gambe. Ma è proprio questo il bello: la fatica ti spinge a migliorare sempre…
Dal 2016 cosa è cambiato? Quanta strada hai fatto?
Tantissima. Ho percorso molti km e molti ne restano ancora da percorrere. Nel 2017 mi sono iscritto a un’associazione sportiva dilettantistica carmagnolese e ho sostenuto le prime gare. Dopo quell’anno iniziale di “sopravvivenza”, ho cominciato a fare sul serio e ad allenarmi anche 4-5 volte a settimana, indipendentemente dal clima, dalla stanchezza, dalle ore di lavoro. Sentivo finalmente di essere sulla strada giusta…ed è stato proprio allora che ho incontrato il team SF Groppo. Una squadra bella e autentica, con cui condividere una passione e divertirsi…
Com’è stato prendere parte all’IronBike in mezzo ad altri atleti di tutto il mondo? Sei soddisfatto del risultato?
L’IronBike è stata per me un’esperienza fantastica, certamente faticosa, ma stimolante. Ho conosciuto nuove persone, di tutte le nazionalità, e mi sono messo in gioco. Non mi aspettavo di raggiungere un simile risultato, eppure è successo. Nei giorni della gara, inoltre, non mi è mai mancato il supporto, virtuale e fisico, della mia famiglia, del mio team, di Sergio Groppo, degli amici…

Quanta preparazione ci vuole per affrontare una competizione così complessa?
La preparazione è importante. In genere, si raggiunge con l’allenamento costante e la conoscenza di se stessi, del proprio ritmo, dei propri limiti. Personalmente parlando, mi sono allenato parecchio, soprattutto nel 2020 e da aprile a inizio luglio dell’anno in corso, tutti i weekend, per 9-10 ore al giorno, a piedi e in bicicletta. Camminare è una parte fondamentale dell’IronBike. In genere, si cammina almeno un’ora e mezza a tappa… Pertanto, non bisogna sottovalutare questo aspetto, puntando invece tutto sulla mountain bike.
Avevi già fatto altre esperienze simili prima?
Simili no, ma negli ultimi anni ho sostenuto il campionato Marathon di MTB, che consta di cinque gare. L’IronBike, però, è un’altra cosa e richiede un impegno e una forza d’animo ancora più sostenuti. Le difficoltà, in questo tipo di competizione, sono dietro l’angolo e bisogna essere sempre pronti ad affrontarle con lucidità. Occorre, lo ribadisco, lavorare su se stessi e sapere come arrangiarsi: montare una tenda, aggiustarsi la bici, lavarsi la roba, entrare insomma nell’ottica del “no-comfort”. Gli accompagnatori logistici, i massaggiatori, i meccanici sono contemplati, ma hanno un costo e io ho preferito fare tutto da solo, con le mie forze, senza agevolazioni.
Pensi di poter ripetere l’IronBike in futuro?
Ripetere le cose non è nel mio stile. Quel che è certo è che ora sarà difficile trovare un’esperienza che mi restituisca le stesse emozioni.
Progetti, desideri, speranze?
Spesso diamo per scontato tutto ciò che c’è all’orizzonte. L’augurio che mi faccio è di continuare a meravigliarmi come un bambino di fronte alla bellezza della natura, di un tramonto, di un’alba vissuta non per forza a centinaia di km da casa, in sella alla mia bici e con la mia valigia fatta di poche cose, una tenda, qualche cambio e tanti sogni.