«Volevo fare la pop star». Non è il titolo di una serie televisiva, ma la frase che fa da sfondo alla storia del carmagnolese Marco Sciarpa, classe 1975, una laurea in transportation design e tanta passione per il mondo dell’arte. Quella passione che l’ha portato, negli anni, a trovare il proprio stile e, in seguito, a dar vita al progetto “Elettrolisa”. Uno spazio on line in cui Marco parla di sé attraverso le sue opere. Una vera e propria art box, una scatola di ricordi e tracce di colore, che delineano un percorso che parte dall’astrattismo per confluire nell’arte figurativa.
«Il mio sogno è sempre stato quello di disegnare macchine. Mi sono quindi iscritto allo Iaad (Istituto d’arte applicata e design) di Torino e sono diventato designer. Nel 2006 ho iniziato a dipingere. Non avevo padronanza della tecnica e volevo imparare –ci dice Marco-. Era un qualcosa che sentivo dentro da tanto tempo. Mai avrei pensato però di poterlo fare un giorno quasi come lavoro».
E poi cosa è successo?
«Mi sono buttato, all’inizio con l’astrattismo e più tardi con il figurativismo, reinterpretandolo a modo mio e lavorando molto anche con la grafica. Nel 2012 ho aperto una galleria d’arte contemporanea, esperienza terminata nel 2016 per vari motivi, ma che mi ha permesso di continuare il mio percorso in autonomia, farmi conoscere, partecipare a mostre personali e collettive e vincere persino qualche premio. In tutti questi anni, ho lavorato inoltre come designer presso varie aziende, oltre che come insegnante allo Ied (Istituto europeo di design) di Torino».
Elettrolisa è il nome del tuo progetto artistico. Vuoi parlarcene?
«Elettrolisa è un contenitore di idee e di opere…Racchiude parte dei miei lavori e il nome che ho scelto per identificarlo è un chiaro riferimento alla Monna Lisa di Leonardo Da Vinci, una delle mie icone preferite».

Come definiresti il tuo stile?
«Sicuramente pop, anzi “poppissimo”, per l’utilizzo di cromie brillanti, vivaci, fluo. È uno stile che mi consente di esprimere ciò che sento e ottenere ciò che voglio: raccontare storie. Dietro ogni quadro, infatti, c’è un vissuto; dietro ogni volto che rappresento, c’è una persona che ho conosciuto o un’icona nota del passato, da cui prendo spunto, la frase di una canzone, che ho a cuore. In genere, dipingo nel fine settimana, in casa o sul terrazzo. Con le cuffie alle orecchie e la musica ad alto volume, mi estranio da tutto ed entro nel mio mondo di colori e sensazioni. Non importa quale sia il mio stato d’animo in quel momento: dipingere mi aiuta a ricaricare le batterie».
Pittori preferiti?
«I pittori che mi affascinano sono diversi: dai più classici Leonardo, Tiziano e Goya a quelli più vicini al mio stile, come Warhol, Picasso e Frida Kahlo».

Dipingi mai d’istinto?
«Non mi capita quasi mai. Solitamente preparo sempre prima un bozzetto del soggetto, una traccia, che vado a sua volta a modificare con alcuni programmi di fotoritocco, come Photoshop. Solo quando ho ben chiaro l’effetto finale, allora trasporto il tutto su tela, utilizzando colori acrilici o ad olio. Ci sono quadri che nascono in un giorno, altri in una settimana, altri ancora che termino dopo svariati mesi».
Da designer ad artista. Quali sono le tue attività prevalenti?
«Le mie attività sono molteplici. Realizzo quadri su commissione, bottiglie di vino con etichette personalizzate, tengo spesso delle consulenze di grafica e di interior design, partecipo ad eventi e mostre d’arte. Ma il mio cavallo di battaglia sono le performance live, che fanno vibrare la mia arte a suon di musica e mi rendono riconoscibile al pubblico».
Ci sono altre esperienze che desideri concretizzare in futuro?
«Mi piacerebbe aprire un laboratorio dove poter dipingere e accogliere le persone; avere più spazio per le mie opere, che ormai sono disseminate ovunque».
Oggi ti senti un po’ più artista di ieri?
«Difficile dirlo. Ho imparato molto. Eppure ogni giorno scopro qualcosa di nuovo, nuovi soggetti, nuove storie da raccontare. L’arte è una forma di espressione, un toccasana per l’animo. Credo che abbia riposato in me sin da bambino, facendomi poi diventare la persona che sono e a volte quella che desidero essere, una pop star, in bilico costante tra la normalità del quotidiano e una buona dose di sana follia».